PARROCCHIA DI SANTA CECILIA
Unità Pastorale di Villafranca Padovana
PARROCCHIA DI SANTA CECILIA

L’importante lezione di don Lorenzo Milani “per una scuola veramente inclusiva”.

Il prossimo 27 maggio saranno passati 100 anni dalla nascita di don Lorenzo Milani. E’ occasione per tornare al suo pensiero sociale, politico, pedagogico. Don Milani arriva a Barbiana sotto la pioggia. E’ un esilio: al giovane don Lorenzo non è stata affidata la parrocchia di San Donato, dove era viceparroco. Ma invece di vivere quel destino come una punizione, due giorni dopo va a comprarsi lì una sepoltura, per legarsi per sempre a quelle povere case, ai suoi contadini: “Mi par d’essere – scrive – uno che ha trovato un sassofono seppellito a Pompei e lo fa suonare… mi pare di seminare il grano trovato nelle tombe dei faraoni“. Il senso di una fortuna insperata anima la sua vita, illumina ogni particella di colore come la luce in un caleidoscopio. Proprio in questi tempi di eclissi della politica, caratterizzati da una profonda spaccatura fra elettorato ed eletti, la lezione di don Milani è di grande attualità. il senso profondo della politica, per lui, è tutto nel cartello che appende sulla porta della “sua” scuola, con una frase in inglese, “I CARE“, “Mi Importa“, che più che uno slogan è una divisa esistenziale: “Il problema degli altri – scriverà – è uguale al mio. Uscirne tutti insieme è la politica, uscirne da soli è l’ avarizia“. Il suo doposcuola è il cuore della sua pedagogia: don Milani agli allievi insegna anzitutto a far domande. La sua critica al sistema scolastico vigente è radicale. Una scuola che perde i più fragili non è più una scuola. E’ un ospedale che cura i sani e respinge i malati”. Scritta insieme ai suoi alunni, la Lettera a una professoressa, anticipa l’ idea di una scuola veramente inclusiva e mette in questione una scuola pubblica incapace di colmare i divari. Pagherà caro il suo rifiuto della guerra, in anni in cui la leva militare è obbligatoria. La sua visione sociale è ancorata al Vangelo delle Beatitudini, dove gli ultimi sono i primi e i poveri sono più beati di tutti.

(Paola D’ Angelo)