PARROCCHIA DI SANTA CECILIA
Unità Pastorale di Villafranca Padovana
PARROCCHIA DI SANTA CECILIA

Santuario Della Beata Vergine
delle grazie

Nella Seconda metà del 400, il nome del piccolo borgo agricolo di Villafranca Padovana, finì improvvisamente sulla bocca di tutti, nel vasto territorio della diocesi di Padova. Per quale motivo?

L’apparizione della Vergine delle Grazie a Villafranca

Nella Seconda metà del 400, il nome del piccolo borgo agricolo di Villafranca Padovana, finì improvvisamente sulla bocca di tutti, nel vasto territorio della diocesi di Padova. Per quale motivo? La Vergine Madre di Dio era miracolosamente apparsa ad una fanciulla pia e sordomuta fin dalla nascita indicandole il luogo, all’ombra di un olmo divenuto successivamente anch’esso oggetto di venerazione, dove doveva essere eretta una cappella o una chiesa dedicata al suo nome. Il primo miracolo fu concesso alla stessa fanciulla che acquistò la parola e poté testimoniare sulla veridicità dell’apparizione. Il fatto è scritto in un documento del 27 Agosto 1479 a firma del Vescovo di Padova Jacopo Zeno il quale approvò l’apparizione e autorizzò la costruzione della chiesa, solo dopo aver scrupolosamente accertato i segni soprannaturali, attraverso numerose testimonianze, raccolte dal dott. Giovanni de Giocondi, esperto di decreti.

Prima
visita pastorale

Nell’ottobre del 1587 Villafranca ebbe la prima visita pastorale. Il Vescovo Federico Corner trovò fatiscente la chiesa e affievolita la devozione sebbene fosse attiva al tempo una confraternita intitolata alla Madonna delle Grazie. Visto il decadimento spirituale il Vicario episcopale, vietò che la tradizionale Sagra della prima domenica di luglio, anniversario della consacrazione, si svolgesse nelle vicinanze del Santuario a causa del carattere troppo profano assunto dalla Sagra. Tra i rettori che emersero nella cura del Santuario ricordiamo Don Girolamo Celegato che sotto la sua guida dal 1637 al 1687 il Santuario poté finalmente risorgere dall’abbandono e ritornare meta luminosa di devozione da parte dei fedeli che accorrevano alla Madonna anche da altre località.

La costruzione
del santuario

Il Vescovo di allora, Jacopo Zeno, affidò l’incarico di costruire una chiesa dedicata alla Madonna delle Grazie ai padri della congregazione di San Girolamo da Fiesole, già titolari in diocesi dei conventi di Padova e Camposampiero. Poiché questi, dopo venti anni, non avevano ancora chiusi i cantieri, fu affidato l’incarico ai due Vescovi Paolo Zabarella e Girolamo de Santi che portarono a termine rapidamente i lavori con grande responsabilità e bravura. La solenne inaugurazione e consacrazione avvenne la prima domenica di luglio del 1505. I due vescovi, dopo aver fatto costruire un piccolo convento nelle adiacenze, per i religiosi, ressero il Santuario con personale responsabilità per una ventina d’anni quindi cedettero la cura e la giurisdizione alla comunità di religiose di S. Agata e S. Cecilia di Padova, assistite da un sacerdote con funzioni rettore spirituale. Le monache dovevano mantenere in ordine e ornare la chiesa e la casa annessa opportunamente adattata a convento per le monache stesse. Dopo venti anni però esse decisero di affidare l’ufficiatura del Santuario ad un sacerdote diocesano o religioso di loro scelta; iniziò così, a cominciare dal 1539, la lunga serie di custodi o rettori del Santuario Mariano che si succedettero per oltre quattrocento anni fine ai giorni nostri.

San Gregorio Barbarigo

Il cardinal Barbarigo
visita il santuario

Anche negli anni successivi continuò l’abbellimento del Santuario tanto che nel 1650 fu posta una magnifica icona con l’immagine della Vergine che cardinale San Gregorio Barbarigo ammirò nella visita pastorale del 1670. Nella penultima visita il Cardinale Barbarigo trovò il Santuario “Celeberrimo in tutto il vicariato”, si soffermò a pregare, esaminò attentamente la chiesa con i suoi altari, arredi, reliquie, libri canonici, confraternita, casa del rettore e “il giardino ameno e delizioso”.

Le Confraternite
del Santuario

Si succedettero altri rettori che continuarono a tenere vivo il fervore e la devozione alla Vergine finché si arrivò al triste periodo che segnò la caduta della Repubblica Veneta quando la chiesa fu spogliata di tutti gli argenti e fu sciolta la confraternita dei trenta nobili veneti. Rimase invece l’antica confraternita di S. Maria delle Grazie detta anche “Fraglia “. Tra i rettori che si succedettero ricordiamo don Girolamo Campagnolo che resse il Santuario per 38 anni. Durante la prima guerra mondiale il Santuario fu requisito e ospitò i soldati e nella seconda guerra mondiale ospitò pure le suore Elisabettine sfollate da Padova. In questi anni di tragedie rifiorì la devozione alla Vergine per ottenere maggiore speranza e fiducia nell’aiuto celeste. Infatti risalgono a quegli anni i grandi pellegrinaggi a piedi che venivano fatti nelle domeniche di Maggio dalle parrocchie vicine di Limena (con banda), di Ronchi, di Taggì di Sopra, Poiana, Campodoro, Bevadoro …

Recenti restauri & abbellimenti

Con don Settimo Levorato fu demolita l’antica casa del Rettore e costruita la nuova canonica furono eseguiti vari lavori: rinforzate le fondamenta, eseguita la nuova copertura a capriate, restaurati gli affreschi, le pale gli arredi sacri. Nel 1979, alla morte di don Settimo Levorato, ha termine l’altalena dei vari rettori del Santuario perché il vescovo Mons. Girolamo Bortignon con un decreto affidava l’ufficio di rettore del Santuario alla B. Vergine delle Grazie a don Fernando Zuliani che già dal 1976 era parroco a Villafranca. Don Fernando, nell’anno 1982 chiamò la comunità delle suore Elisabettine a collaborare per tutto ciò che riguardava soprattutto la funzionalità del Santuario, del decoro dell’ambiente, dell’accoglienza dei pellegrini e dalla vita di preghiera.

L'arte nel santuario

“Dossale con Attico”
-Altare Maggiore-

Il percorso storico-culturale si interseca con quello artistico-spirituale. Ci lasciamo allora guidare dagli elementi artistici del Santuario della Madonna delle Grazie, autentico percorso di fede attraverso i secoli. Il Santuario è un edificio dalle linee semplici e proporzioni eleganti. Elemento di maggior prestigio è il portale di pietra di Nanto. L’interno della chiesa, a navata unica, si contraddistingue per il contrasto tra la ricchezza decorativa dell’area presbiteriale, dominata dal maestoso dossale dell’altare maggiore e la sobrietà delle capriate lignee del tetto e degli imponenti altari.

“ Dopo numerose vicissitudini legate alla reggenza e competenza del Santuario e della Chiesa di S. Cecilia, l’edificio fu definitivamente affidato alla Parrocchia di S. Cecilia che fu confermata anche sede parrocchiale.”

ALTARI & DIPINTI​

Nel 1650 gli altari della navata del Santuario erano 6. Attualmente rimangono gli stessi ma diversamente dedicati che in antico. A sinistra sorgono, solenni e austeri, gli altari dedicati ai santi Pietro e Paolo e ai santi Bellino e Sebastiano, quest’ultimo con una pregevole pala del 1710 del pittore padovano Francesco Zanella. Sostituisce il precedente altare dedicato a S. Anna. Vi ammiriamo una bellissima tela dai colori vivacissimi che rappresenta con fine verismo i due santi.

Annunciazione

Nella parte destra del Santuario si possono ammirare gli altari di San Carlo e dell’Annunciazione. Quest’ultimo anticamente ara l’altare di San Valentino, fatto costruire dalla famiglia notarile Todescato di Padova che aveva davanti, sotto il pavimento, la propria tomba. (Gaspare Todescati J.U.D. Familiae secunda domus, donec tertia veniat, Anno MDCXXII -1622-). Il tema mariano dell’Annunciazione ripropone il centro della nostra fede: l’incarnazione del Figlio Dio grazie al ‘si’ di Maria al progetto di salvezza che si realizza in Gesù.

Il Presbiterio

Al presbiterio si accede transitando sotto un arco trionfale, affrescato, verso l’assemblea con l’Annunciazione e verso l’altare con le tre virtù teologali: fede, speranza e carità. L’Annunciazione esprime la via di accesso alla salvezza che ciascuno vive partecipando ai santi misteri che fanno memoria della venuta al mondo del Figlio di Dio. La fede, la speranza e la carità raffigurate ci ricordano che la vita cristiana trova fondamento nell’esercizio concreto e quotidiano delle virtù.

La volta del presbiterio

La volta del presbiterio è affrescata con le figure dei dodici apostoli ed è elegantemente suddivisa in dodici spicchi. Gli apostoli rappresentano la fede autentica ricevuta da Cristo e trasmessa fino ad oggi attraverso la Chiesa.

Più sotto spiccano i Santi patroni di Padova: Prosdocimo, Giustina, Daniele e Antonio. E’ un riferimento al vissuto cristiano nelle nostre terre della diocesi che ha fatto fiorire modelli di vita come sono i santi.

L'IMMAGINE DELLA MADONNA​

Dominava il presbiterio fin dal 1650, oltre al dossale, dell’altare maggiore, in legno di autore ignoto, anche un’icona posta nell’edicola rimasta sino al 1800, anno in cui l’immagine fu sostituita dalla statua della Vergine che ora si trova nella navata.

Con il restauro del Santuario nel XXI sec, l’edicola è tornata a custodire l’antica icona ad opera del pittore rumeno Michail Ivanov che ha raffigurato la Vergine con il Bambino portata dagli Angeli, mentre Lei porta e dona Gesù agli uomini.

L’albero ai piedi rappresenta l’ambiente agreste dove la Madonna è apparsa. L’artista ha voluto rappresentare la Vergine nell’atteggiamento di “dar udienza”, accogliere, ascoltare, contemplare amorosamente ogni figlio che viene ad invocarla come “Madonna delle Grazie”.

L'ALTARE MAGGIORE​

E’ sormontato da imponente dossale con attico, retto da colonne binate, e reca la seguente iscrizione: “D.O.M. eretto dalla pietà della Abbadessa Elisabetta di Sassonia e delle monache di S.S. Agata e Cecilia, gius-patrone del Santuario e dalla pietà dei fedeli, a cura del Reverendo rettore, don Girolamo Celegato nell’anno del giubileo 1650 L’autore di questo monumentale dossale è ignoto e si pensa che forse sia stato portato nel Santuario da una chiesa padovana demolita.

Il tabernacolo dell'altare maggiore

Sembra un modellino perfetto fino ai minimi particolari di un tempio di stile gotico. Di esso esiste la data: 6 Agosto 1684, quando il visitatore Francesco Vascellino dei Muzy ordina, in occasione di una sua visita al Santuario, che sia foderato l’interno della porticina, e la chiave fatta d’argento ed indorata. Si pensa e si crede perciò che questo ammirevole capolavoro di legno sia stato costruito non molto prima dell’anno 1684.

La cripta & l'altare dell'apparizione

Rappresenta il cuore devozionale del Santuario ed è il più antico altare costruito sul luogo dell’apparizione. Alla cripta si accede, attraverso alcuni scalini, da ambo i lati dell’altare maggiore. L’altare dell’apparizione finemente decorato con intarsi in marmo policromo, è in stile barocco. Una nicchia posta sopra l’altare, conserva la statuetta in marmo bianco della Madonna col Bambino che, secondo la tradizione, fu rinvenuta in circostanze miracolose mentre si scavavano le fondamenta della Chiesa-Santuario. La piccola statuetta è tappezzata di ex voto, di quadri per ringraziare la Madonna che in tutti questi anni non smette mai di concedere le sue grazie a chi la invoca con fede. Non mancano le numerose fotografie di chi attende pazientemente e con fiducia i suoi favori e la sua benedizione.

IL CHIOSTRO
& IL CENTRO DI SPIRITUALITÀ​

Il chiostro è sorto in epoca più recente per venire incontro al bisogno di una preghiera più sentita, per avere la possibilità di ritiri, di dialoghi spirituali, per soddisfare le esigenze di gruppi e di comunità. Il Consiglio Pastorale ha accolto l’idea dell’allora Parroco-Rettore don Fernando Zuliani e il 3 luglio 1988 (dichiarato dal Papa Giovanni Paolo II “Anno Mariano straordinario”) ci fu la grande festa di inaugurazione.

Il Chiostro fu definito un piccolo gioiello d’arte, di quell’arte francescana povera ed umile che parla più direttamente al cuore. I vari locali si aprono nel porticato centrale, il gioco delle luci creato dagli spazi e dalle colonne, il calore accogliente dei materiali poveri, lo spazio verde centrale tutto invita al dialogo con Dio e con i fratelli.

Ciclo pittorico del chiostro

La Divina Provvidenza ha condotto a Villafranca, nel 1994, in circostanze misteriose il pittore rumeno Michail Jvanov che aveva appreso la difficile arte dell’affresco presso la scuola d’arte promossa dalla Chiesa Ortodossa di Bucarest. Lo stile degli affreschi del pittore rumeno, di profonda religiosità, è neo bizantino. Attraverso un contatto diretto, intenso tra il pubblico e i personaggi dipinti il pittore ha cercato di trasmettere un messaggio religioso e sacro. Così viene rappresentata la vita della Madonna negli episodi narrati dagli evangelisti. Sono rappresentati i grandi avvenimenti della storia della Salvezza e chi visita il chiostro si sente inserito, immerso in questa storia che è anche la sua storia. Incontriamo nel percorso: la nascita di Maria; 

l’Annunciazione, contemporaneamente, alla Madonna e a Giuseppe giovane; la Visitazione; la nascita di Gesù; la presentazione al tempio; la fuga in Egitto; Gesù fra i dottori nel tempio; le nozze di Cana; i parenti di Gesù. In più di qualche affresco viene posta una pavimentazione uguale a quella del pavimento del chiostro stesso. Questo particolare vuole farci capire che questo mistero, avvenuto nella storia, si compie oggi, qui, per me. Proseguendo il percorso ecco questo quadro ‘sui generis’.

Questa è la sua particolarità: anzitutto evidenzia che la parentela spirituale è più vera e più alta di quella del sangue; inoltre i personaggi sullo sfondo, seduti a causa della pendenza del tetto, in realtà rivelano un significato più profondo, cioè la necessità di farci piccoli, umili e semplici per poter ascoltare veramente la parola di Dio.

AFFRESCHI INTERNI​

Molto belli e significativi sono i dipinti nelle sale interne del chiostro: L’ultima cena; la crocifissione; la discesa dello Spirito Santo; la Vergine tra S. Cecilia e S. Francesco d’Assisi e i ritratti dei Santi e Beati di Padova. Sono presentati i momenti più significativi della vita di Gesù e di Maria e i personaggi più importanti della diocesi patavina che con la loro testimonianza di santità hanno fecondato e fatto crescere il dono della fede nelle nostre terre venete. Il santuario, così rinomato e visitato, ne è una conferma.

La Via Crucis

La meravigliosa opera che sorge a fianco del Santuario è stata pensata e realizzata nel 1998 a completamento del centro di spiritualità con lo scopo di creare un luogo di silenzio, meditazione e catechesi sull'Amore che Cristo ha per noi. Anche il parco, ci aiuta nella preghiera e nella meditazione, senza nulla togliere all'aspetto decorativo, ma non facendo di questo il primo e unico scopo. Ogni essenza arborea, grande e piccola che sia, ha un suo significato e se vista con gli occhi della fede diventa un tutt'uno con le stupende sculture su pietra del Cansiglio, eseguite dal maestro Fiabane. Partendo da semplice e fredda pietra, lo scultore ha realizzato altorilievi con un'anima che nell’insieme ci indicano che Cristo anche mediante la natura, ci ha donato tutti gli elementi necessari per la nostra conversione così da rendere la nostra vita più vera e feconda. All'entrata ci accoglie la statua di angelo in meditazione con alle spalle tre cipressi: dobbiamo entrare con spirito libero, desiderosi di entrare in contatto con l'infinito e per poter accogliere il messaggio che la sofferenza di Cristo ci donerà lungo il percorso.

LA DEVOZIONE​

L’amore alla Vergine, la devozione alla Madre, fin dagli inizi, non è mai venuta meno. Nel mese di Maggio come nei tempi antichi, riprendono i pellegrinaggi a piedi dai paesi vicini. L’affetto dei fedeli verso il Santuario, lo si avverte ogni mattino all’appuntamento della S. Messa alle 8.30 e soprattutto a quella del Sabato a cui fa seguito una breve processione attraverso il chiostro fino all’altare della cripta dove si recita l’atto di consacrazione. Al mattino presto sostano brevemente operai e lavoratori, più tardi studenti e mamme con bambini, infine anziani e gente di passaggio. Il Santuario è diventato un centro di spiritualità per religiose, sacerdoti, gruppi di laici e giovani. Anche di notte la maggior parte degli automobilisti rallenta quasi a salutare la Madonna o si ferma nel piazzale per una preghiera.

LA SAGRA​

La parola: sagra, significa ‘sacra’. Fin dai tempi della costruzione del Santuario, per ricordare l’apparizione della Vergine e quindi la consacrazione del Santuario nel 1505, era nata una festa (sagra) che si svolgeva la prima Domenica di Luglio, successivamente spostata alla prima di Agosto. Nel 1587 il vescovo Federico Corner avendo trovato affievolita, nella sua visita pastorale, la devozione, vietò che la tradizionale fiera della prima Domenica di Luglio si svolgesse nelle vicinanze del Santuario a causa del suo carattere fin troppo profano. Oggi questa sagra paesana continua ad essere svolta, non più nei pressi del santuario, ma nelle vicinanze della chiesa parrocchiale e nel patronato con il titolo di “Sagra dei Ferai”.

LA FRAGLIA DELLA MADONNA DELLE GRAZIE​

Le prime tracce di una confraternita legata alla B. Vergine si hanno nel 1587. Dopo arresti e rifioriture, nel 1725 si ebbe l’istituzione di una nuova confraternita composta da tanti nobili veneti, sotto il titolo dell’annunciazione di Maria Vergine.Nell’anno 1746 il cardinale Carlo Rezzonico (futuro papa Clemente XIII) menziona, in una sua visita, le preghiere che venivano fatte con grande concorso di popolo per invocare pioggia o serenità, o l’aiuto della Madonna in casi di grave necessità. Caduta della Repubblica Veneta, la chiesa fu spogliata di tutti i suoi arredi e sciolta anche la confraternita dei 30 nobili veneti. Nel 1813 tornò ad esistere come Confraternita di S. Maria delle Grazie. La cosiddetta “Fraglia”, così conosciuta ai giorni nostri, conta circa 2500 iscritti che beneficiano di particolari attenzioni spirituali:
• Partecipano nell’animo di tutto il bene che viene fatto, per intercessione di Maria in  questo luogo santo.
• Secondo le intenzioni degli iscritti è celebrata una S. Messa in ogni festività mariana durante l’anno liturgico.
• Dopo la morte sono celebrate 3 S. Messe per ogni confratello.